L’elettroterapia, anche se in modo empirico, era conosciuta ed usata sin dai tempi dei Greci e Romani, tanto che risale al 49 A.C. da parte di Scribonius Largus l’uso della torpedine bruna per la cura della gotta e dell’emicrania.
Dal 1960 diversi Autori hanno utilizzato l’elettroterapia in uroginecologia, ma è negli anni ’80 che la scuola francese ha segnato un punto fermo nella terapia delle disfunzioni perineali mediante l’utilizzo della SEF.
Anche in Italia da circa vent’anni anni, la SEF ha assunto notevole importanza nel trattamento riabilitativo uro-ginecologico. Condizione indispensabile per l’utilizzo della SEF è l’integrità degli archi riflessi pudendo-pudendo in cui la SEF assume azione trofica e pudendo-pelvico con azione inibitoria sul detrusore. La SEF perineale oltre all’azione passiva di aumento del tono-trofismo e all’interferenza positiva su circuiti regolanti la funzione vescico-sfinterica, permette di far riconoscere alla paziente un muscolo ormai in disuso. Le metodiche variano in base alle esperienze dei vari Autori ed alle indicazioni. Le correnti usate sono quelle bidirezionali perché sono prive di effetti termici e quindi di rischio di ustioni. Utilizzate sono le bifasiche, le alternate e le interferenziali.
Controindicazioni sono: la denervazione perineale completa, il pacemaker cardiaco, le infezioni urinarie o vaginali in atto, la gravidanza, il prolasso genitale di 3° grado (in questo caso può essere utile una stimolazione preoperatoria solo posteriore con sonda a dito di guanto), le perdite ematiche dai genitali; la spirale non è una controindicazione alla SEF se le correnti utilizzate sono bifasiche. La SEF, pur essendo una metodica passiva, può diventare altamente attiva, se associata al BFB, per esaltazione della propiocettività.